Belingheri, Trony: “confidente sul natale. Ma attenzione alla disponibilità di prodotto”

Ottobre 25, 2021

Stefano Belingheri, dal 2009 volto della centrale GRE, da prima come direttore commerciale e poi come direttore generale, notoriamente non è un uomo ‘che le manda a dire’. Lo dimostra, ancora una volta, quando coraggiosamente afferma che “nulla è cambiato in questo mercato”. Non si sottrae nemmeno all’autocritica quando afferma che, “si continuano a fare sottocosto e promozioni, oggi come ieri”, o quando – sul vantaggio di avere a disposizione una insegna di proprietà – lui risponde: “L’insegna Trony è un nostro asset fondamentale. Da quando è stata rilevata, grazie anche a un naming così immediatamente riconoscibile, ha contraddistinto il nostro posizionamento di ‘gruppo’ e di ‘catena’”.

Non solo: Belingheri conclude ponendo diversi spunti di riflessione e approfondimento, auspicando un confronto con l’industria…

Ma, andiamo con ordine.

Veniamo da un anno e mezzo molto difficile. Cosa porta a casa Trony da questi ultimi 18 mesi?

Se devo essere completamente sincero, valutando questo periodo dal punto di vista meramente commerciale, siamo stati tutti molto fortunati.

In che senso?

La pandemia ci ha messo nella condizione di poter gestire il mercato sulla base di un solido incremento delle vendite dato dalla situazione contingente. Per meglio dire, ci ha permesso di essere fra quegli interlocutori che sono riusciti a non perdere i volumi e a rimanere nel mercato performando in modo adeguato. Ciò si evince dai dati, dai numeri che si riferiscono al mercato. Il nostro settore, in un momento di grande difficoltà, ha avuto sicuramente questo vantaggio. Che non è poca cosa.

Cosa ci ha insegnato?

A essere ulteriormente dinamici, adattandoci a situazioni contingenti e non previste. Per esempio, utilizzare WhatsApp per interloquire direttamente con i consumatori: nei periodi di chiusura forzata, ci ha consentito di instaurare con il nostro pubblico un rapporto più fluido, slegato cioè dalla possibilità di recarsi fisicamente sul punto vendita. Poi, con l’evoluzione dello scenario – giustamente – i prodotti che distribuiamo sono stati classificati come “beni di prima necessità”: di conseguenza ci è stato consentito di rimanere aperti e dunque vicini al pubblico, offrendo – in un periodo così complesso per tutti – un servizio di grande valore.

Come, in dettaglio?

Abbiamo fatto campagne di rilievo promuovendo il servizio della consegna a domicilio – secondo il principio ‘tu resta a casa, i prodotti te li portiamo noi’ – e offrendo così al consumatore supporto anche sul versante logistico per consentirgli di disporre di tutti quei dispositivi necessari – ad esempio – per lavorare o comunicare agevolmente in un momento in cui tutti gli spostamenti erano preclusi o contingentati. D’altro canto, la misura stessa del lockdown – con l’esigenza di lunghe permanenze in casa – ha spinto la gente a riconsiderare il rapporto con la tecnologia domestica, valorizzando l’utilità di prodotti e soluzioni che nel recente passato godevano di una considerazione differente.

Nessuna difficoltà da affrontare?

Ovviamente si. Se la distribuzione ha beneficiato di una maggiore richiesta di beni di prima necessità, ciò ha messo un po’ in difficoltà l’industria: non è un segreto per nessuno che, nel periodo di picco della pandemia, reperire dei computer fosse un’impresa ardua. Lato nostro, è emerso in maniera inequivocabile come gli asset sviluppati da GRE nel tempo si siano dimostrati efficaci e funzionali nel momento in cui è successo qualcosa di inaspettato e imprevedibile.

A cosa fa riferimento?

Prima di tutto al vantaggio di avere una struttura omnichannel, condizione imprescindibile per poter affrontare il mercato di domani. Un’altra caratteristica dimostratasi vincente è stata quella di poter contare su un impianto di CRM ben strutturato. Il nostro programma di loyalty vanta infatti oltre cinque milioni di consumatori iscritti, con i quali abbiamo potuto interloquire in tempo reale e con un approccio taylor made. Non per ultimo, possiamo contare su una rete fisica solida, radicata sul territorio ed estremamente capillare che rappresenta il nostro core business.

Dal suo punto di vista, la pandemia ha messo in discussione il modo di fare retail delle insegne?

In parte sì, ma non totalmente. Certamente stiamo uscendo da un periodo che ha insegnato come in una situazione di difficoltà sia necessario trovare strumenti funzionali per rispondere a nuove e complesse esigenze. Eppure – anche in un momento del genere – non ci siamo sganciati dalle dinamiche promozionali e di sottocosto: ciò, se non altro, è servito a rimanere competitivi e preservare il vantaggio del consumatore in termini di spesa.

Crede che il picco di vendita registrato dai prodotti tecnologici, possa in qualche modo ‘rubare’ vendite alla stagione natalizia?

Penso che tutti gli anni presentino delle peculiarità. Quest’anno per esempio c’è lo switch off dei Tv e le vendite di questi prodotti stanno trainando il business in generale. È difficile sapere adesso se la pandemia ha modificato o modificherà i comportamenti di acquisto: certamente trascorrendo più tempo a casa, è verosimile ci sia un maggiore focus sugli elettrodomestici. E magari qualcuno si accorge che è ora di cambiare la lavastovoglie…Ho fiducia piuttosto nel periodo natalizio: credo ci saranno le condizioni per conseguire buoni risultati di vendite. Vedo tuttavia un rischio latente su cui la distribuzione non ha alcun potere…

Qual è?

Quello di una eventuale carenza di prodotto, a fronte di un ulteriore incremento della domanda. Settori apparentemente lontani dal nostro, ad esempio, soffrono per la crisi dei chip: per essere il più concreti possibile, oggi si rischia di dover aspettare anche un anno per ricevere un’automobile. E se questo accadesse con frigoriferi, televisori, lavatrici o altri prodotti? Quale sarebbero le conseguenze in termini di distribuzione?

Sta dicendo che c’è il rischio che vengano fornite solo alcune catene?

Non ho detto questo. Ma sono domande a cui mi piacerebbe ricevere delle risposte. Oggi la struttura del mercato è chiara: da una parte ci sono le catene e dall’altra ci i gruppi d’acquisto. Abbiamo due politiche diverse, con i gruppi più forti sul territorio, grazie al vantaggio della capillarità, e le catene più attive sul versante online. Non lo dico io, ma i fatturati.

Il negozio però ha dimostrato di avere un valore centrale e funzionale nell’ultimo periodo…

E questo bisogna sottolinearlo, soprattutto a beneficio dei fornitori. Anzi, la situazione mi spingerebbe a rivolgere una domanda all’industria (ride, ndr)

Quale?

Per quale motivo le aziende aprono propri siti di eCommerce? Con quale obiettivo? Quali sono i ruoli e le competenze? Quali i risultati di vendita su quelle piattaforme?

Sono più di una domanda….

Sono key point fondamentali su cui bisognerebbe ragionare molto attentamente…