Appetiti cinesi su Ceconomy e Currys. E Unieuro?

Luglio 1, 2024
C’è uno spettro cinese che aleggia sul retail di elettronica e di elettrodomestici europeo. Un ectoplasma chiamato JD.com.
A metà novembre 2023, la stampa finanziaria aveva riferito come la società pechinese fosse interessata a rilevare una partecipazione robusta, potenzialmente di controllo, nel gigante Ceconomy, la casamadre di MediaWorld. Pur a fronte di una fiammata da +20% del titolo alla Borsa di Francoforte, le importanti famiglie tedesche che detengono complessivamente il 57% del leader continentale non avevano né confermato né smentito e, nel silenzio generale, i rumors si erano poi spenti.  Sfumata la (presunta) pista tedesca, i cinesi non si sono arresi e hanno rivolto le loro mire Oltremanica: in febbraio, sono entrati in competizione con il fondo Elliott, ex proprietario del Milan, nella corsa ad acquisire il leader inglese Currys, la ex-Dixons Carphone. In questo caso, il fantasma ha preso corpo, con dichiarazioni di interesse ufficiali che hanno scatenato gli acquisti sul titolo Currys: +46% in pochi giorni, salvo ritracciare un mese dopo quando sia JD.com sia Elliott si sono ritirate dalla potenziale operazione.
 
Chi è JD.com? Semplicemente il terzo maggior operatore di eCommerce al mondo, dopo Amazon e Alibaba. Focalizzato sul mercato domestico, opera secondo un modello di business in stile Amazon, con un marketplace che si affianca alle vendite dirette e marchi propri su cui punta con forza per aumentare la redditività. Marchi propri Made in China, naturalmente. I motivi per cui un operatore digitale puro voglia investire nel retail fisico – pardon: omnicanale! – non sono cristallini. D’altronde, accedere dalla porta principale ai ricchi mercati europei conferirebbe al gigante cinese nuovi canali privilegiati su cui dirottare le proprie private label.
Ed è solo questione di prezzo: JD.com capitalizza in Borsa la bellezza di 42 miliardi di dollari, oltre il doppio rispetto al big americano Best Buy, che ne vale 18. Gli operatori europei, con la redditività fiaccata dai ben noti problemi, in confronto sono lillipuziani: Ceconomy si ferma a 1,5 miliardi, Currys a 0,8, così come Fnac – che non è però nel mirino in quanto protetta dallo sciovinista e protezionista Stato francese.
 
E Unieuro? Dal punto di vista borsistico, il leader del mercato italiano è la cenerentola del settore, con una capitalizzazione ripiombata sotto 0,2 miliardi di dollari: livello che non toccava dalla complicata estate del Covid. Con un azionariato frastagliato e il maggior investitore, Iliad, che detiene solo il 12% (pagato il doppio dei prezzi attuali), chi difenderebbe la società forlivese dagli appetiti cinesi, qualora si concretizzassero in un’OPA?
In realtà, JD.com ha tutto l’interesse ad entrare in Europa dalla porta principale: Ceconomy porterebbe in dote la leadership o co-leadership in ben 10 Paesi, comprese Germania, Italia e Spagna, oltre ad una quota del 24% di Fnac. Currys è invece dominante in UK, Irlanda e in Scandinavia. Le due società europee vantano dunque presenze geografiche talmente complementari da farne un doppio target tuttora appetibile per i cinesi, laddove Unieuro porterebbe in dote un ruolo decisamente marginale nello scacchiere continentale.
 
Gli investitori lo hanno capito, tant’è vero che la performance a 12 mesi di Ceconomy e Currys è positiva del 30%, mentre per Fnac e Unieuro è negativa del 15%. Niente potenziale speculativo per italiani e francesi, quindi, con buona pace dei loro pazienti azionisti.
 
Dr. Matsushita*
 
 
*Il Dr. Matsushita ha una formazione economica e spirito critico. Si ricorda anche di quando Panasonic si chiamava Matsushita Corporation e così avrebbe voluto ribattezzare il suo jack russel.